La prima piattaforma open source contro la violenza di genere
articoli sull'argomento
La strage delle donne 2015
Violenza sulle donne online o offline non fa differenza i danni sono gli stessi lo dice l'Onu
Convegno ad Assisi sulla violenza domestica e la tutela dei minori
La teoria del ciclo della violenza
Perchè si chiama femminicidio di Barbara Spinelli
Femminicidio: l' assassino medio e italiano e del nord. L'importanza di un osservatorio nazionale che non -c'è
Adottato il piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere
Ecco l'Italia sicura: 88 donne uccise in 9 mesi.Femminicidi il 25%d delle-vittime aveva denunciato l'aggressore
Eve Ensler contro la violenza dobbiamo insegnare cos'è il buon sesso
Guida antiviolenza di AIDA Onlus
Lea Melandri Il piano contro violenza sessuale è un'occasione mancata
Oltre 6 milioni di donne hanno subito violenza
Conflitti e soprusi ecco 7 prove mobbing
Violenza di genere? Si previene a scuola. Il progetto di una prof L'idea di Francesca Myriam Tucci, insegnante di Lettere di un liceo milanese e autrice di Margherita: un percorso educativo con i ragazzi. Che parte dal ratto delle Sabine di Valentina Ravizza
Femminicidio dati istat_italia sulla violenza sulle donne
Bambine, ragazze, mogli, madri per loro meta del mondo resta un inferno
Se una donna su tre è vittima di violenza di Chiara Saraceno
Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere
Una lama invisibile: la violenza psicologica tra le mura domestiche
Sessismo quotidiano denunciare sempre:l'esempio della campagna inglese
Michela Murgia : educhiamo le bambine a non confondere da grandi l 'amore con le catene
Le donne che restano con il marito violento di Michela Marzano
Il cartellone contro la violenza sulle donne cambia
Violenza: l'ospedale per molte donne è il primo rifugio
Maschi che partiranno da sè
Storia di una violenza psicologica come- sono uscita da un incubo
I costi della violenza sulle donne rimangono sottostimati
Come facciamo a sapere che non mente?
uomini in minigonna, uomini capaci di empatia
Perche non l'hai detto alla mamma?
Violenza e identita di genere:l'immaginario di oggi degli uomin e delle donne di domani
IL MIO NON ERA VERO AMORE E VI RACCONTO PERCHÈ
gaslighting: una forma di violenza psicologica
VADEMECUM PER AIUTARE UNA DONNA CHE SUBISCE
VIOLENZA
ECCO TUTTI I NOMI DELLE VITTIME DI
FEMMINICIDIO DEGLI ULTIMI 3 ANNI:I
DATI DI PROSMEDIA OTTENUTI
DALL'ANSA/
"Stupro: non sono le donne a doversi vergognare!"
Per il 25 novembre: la
proposta del primo coming out italiano delle donne che hanno subito
violenza.
C’è una seconda
violenza che le donne violentate spesso subiscono: quella di sentirsi
in colpa, e provare vergogna per ciò che è accaduto. Colpevoli per
qualcosa che non hanno fatto, ma che al contrario altri hanno fatto
contro di loro.
Provare vergogna,
perché essere vittime di violenza può, in parte, essere
responsabilità delle vittime stesse. Lo sa bene chi opera per
aiutare la ricostruzione di un vissuto accettabile nell’esistenza
delle donne stuprate, percosse e abusate, nel corpo come nella
psiche. Sembra incredibile, ma mentre a chi è stata inflitta
un’altra ingiustizia (per esempio un’aggressione, un furto, un
affronto per questioni legate alla propria religione, o al colore
della pelle) non si chiede di fare i conti con il senso di colpa
generato dall’ipotesi di essere in qualche modo il fattore
scatenante dell’ingiustizia subìta, per le donne violate invece è
così: in fondo è colpa tua.
Te la sei cercata. Sei
certa di aver fatto di tutto per evitarlo? Non sarà che c’è
qualcosa in te che scatena la violenza? Se non fossi uscita a
quell’ora, se avessi indossato un altro abito, se avessi tenuto la
bocca chiusa, se non avessi bevuto, se: due lettere potenti per
minare la forza e la legittimità di chi, da vittima di un abuso,
rischia di diventare complice, o comunque di essere in parte
responsabile.
In Italia la messa in
scena di questa mentalità diffusa fu resa manifesta grazie al
documentario Processo per stupro. Diretto da Loredana Rotondo andò
in onda nel 1979 e fu trasmesso dalla Rai: l’idea di filmare un
processo per violenza nacque in seguito ad un convegno contro la
violenza sulle donne organizzato nel 1978 alla Casa delle donne di
via del Governo vecchio di Roma. Emerse che ovunque nel mondo, quando
aveva luogo un processo per stupro, la vittima si trasformava in
imputata.
Tina Lagostena Bassi,
che nel processo difendeva le donne violentate, sottolineò come il
documentario fosse stato sconvolgente per gli spettatori perché
rendeva visibile che gli avvocati difensori degli accusati di stupro
potevano essere altrettanto violenti nei confronti delle donne:
insistendo sui dettagli della violenza, e sulla vita privata della
parte lesa, puntavano a screditarne la credibilità, trasformandola
in imputata. L’atteggiamento mentale che emergeva in aula era che
una donna ‘di buoni costumi’ non poteva essere violentata; che se
c’era stata una violenza questa doveva evidentemente essere stata
provocata da un atteggiamento sconveniente da parte della donna; che
se non c’era una dimostrazione di avvenuta violenza fisica o di
ribellione la vittima doveva essere consenziente. Nel dibattimento il
‘disonore’ si sposta gradualmente dal presunto aggressore alla
presunta vittima, tanto che nella sua arringa, Lagostena Bassi sentì
la necessità di ricordare che lei non era a difesa della parte lesa,
ma accusatrice degli imputati.
A distanza di oltre
trent’anni è ora di dire, anche pubblicamente, basta. E, se
possibile, è ora che lo dicano forte e chiaro le stesse donne che
hanno subìto violenza. Lo propongono le femministe di XXD, rivista
di varia donnità e il Centro Studi e Documentazione Pensiero
Femminile di Torino: facciamo della giornata del 25 novembre 2013
un’occasione per dire forte e chiaro che chi subisce violenza non
ha colpe, e che non si deve vergognare.
La proposta di pratica
collettiva, presa a prestito da quella adottata per denunciare
culture omofobe e da quella dell’autodenuncia di aborto (in Italia
prima della legge 194 si andava in galera se si diceva di aver
interrotto la gravidanza) è quella del coming out: dire in pubblico
una verità scomoda. In questo caso che chi è vittima non può
essere violentata una seconda volta, cercando di attribuirle delle
colpe che non ha. Nessuna colpa, nessuna vergogna si chiama infatti
la proposta per la giornata internazionale contro la violenza sulle
donne del 25 novembre: il primo coming out italiano delle donne che
hanno subito violenza.
“Noi donne che
abbiamo subito violenza spesso ci sentiamo in colpa e ci vergogniamo,
diventando così vittime di una nuova, meschina e a volte peggiore
violenza, che ci paralizza, ci rende inermi e nasconde la nostra
forza”, scrivono le proponenti. “Anche quando è ‘finita’ a
volte continuiamo a sentire la vergogna della nostra esperienza ed è
faticoso parlarne. Temiamo che dicendolo alle altre e agli altri
verremo giudicate e saremo considerate delle perdenti, ‘sporche’,
inadeguate. Come se parlarne danneggiasse la nostra dignità per
colpa di chi senza alcun senso della dignità ha commesso contro di
noi un crimine.Non tocca a noi vergognarci, tutto questo deve finire.
In questa giornata vogliamo dire a chi è causa del nostro silenzio e
del nostro isolamento che non abbiamo più paura e non siamo sole. Il
25 novembre saliamo sui palchi nelle piazze e scandendo forte insieme
‘nessuna colpa – nessuna vergogna’ testimoniamo la nostra
esperienza o con un solo gesto o con alcune parole o con una breve
storia. Togliamogli la meschina e violenta arma della colpa, con
orgoglio gridiamo che siamo sopravvissute alla violenza!”
Chi vuole portare la
propria testimonianza e/o partecipare all’organizzazione della
giornata, e organizzare l’evento in altre città può contattare il
Centro Studi Pensiero Femminile scrivendo a
info@pensierofemminile.org
Sul blog di XXD,
www.xxdonne.net saranno pubblicati la lista delle associazioni, enti
e persone che vorranno aderire alla manifestazione aggiornandola ogni
quindici giorni, da ottobre fino al 25 novembre.
Monica Lanfranco
La violenza verso le donne è un problema mondiale non ancora sufficientemente riconosciuto e denunciato, come confermano numerose ricerche sull'argomento realizzate in diversi Paesi europei.
Si tratta di un fenomeno che si sviluppa in particolare nell'ambito famigliare, coinvolgendo donne di ogni estrazione sociale e di ogni livello culturale, provocando danni fisici e gravi conseguenze sulla salute mentale, e comportando altri costi socioeconomici non solo alle donne stesse, ma anche alle comunità ed agli Stati in cui vivono. La violenza contro le donne si annida spesso nello squilibrio relazionale tra i sessi e nel desiderio di controllo e di possesso da parte del genere maschile su quello femminile. Le statistiche europee rilevano che in Europa la violenza rappresenta la prima causa di morte delle donne nella fascia di età compresa tra i 16 e i 50 anni.
La violenza di genere è la manifestazione estrema della disuguaglianza, la manifestazione di un deficit di democrazia e uno dei sintomi dell’incompleta cittadinanza delle donne ed è proprio nell’ambito delle relazioni di coppia che questa cittadinanza incompleta ha la sua massima espressione.
L’ampiezza del fenomeno della violenza si scontra giorno dopo giorno con i diritti fondamentali di cittadinanza di molte donne - diritto alla vita, all’integrità fisica e psichica, alla salute, alla dignità e alla libertà - che costituiscono i valori inviolabili della persona sui quali si fonda il nostro ordine democratico.
visualizza i file
uomini che uccidono le donne - indagine sul femminicidio in Italia
Testimoni silenziose
Campagna di sensibilizzazione contro la violenza maschile sulle donne
Nessun commento:
Posta un commento